FILO DIRETTO CON AMMAN: GIORDANIA

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Amman – Ponte di Brenta. Giordania – Italia.

Il 10 febbraio 2015 le classi IV e V del Liceo si sono collegate via Skype con la sede centrale di AVSI, una Ong che lavora presso i numerosissimi campi profughi presenti in tutta la Giordania.

Dall’altra parte del terminale Simon Suweis, responsabile giordano dei progetti AVSI destinati all’educazione e alla scolarizzazione dei bambini provenienti, loro malgrado, dalla Palestina, dall’Iraq, dalla Siria. Paesi martoriati dalle guerre di questi ultimi tempi, terre soggette alla terribile follia ideologica di questo secolo proveniente dall’Oriente. Terre lasciate al loro destino dalla colpevole indifferenza dell’Occidente o peggio ancora dilaniate da signori della guerra e da mercanti di morte di ogni provenienza.

La videoconferenza era nata dal bisogno di capire qualcosa di più dopo la terribile esecuzione da parte dell’ISIS di un pilota di Jet Giordano e dopo la reazione di forza di re Abdullah.

Per un’ora, con il fiato sospeso a sentirsi buttati per un attimo al di là del Mediterraneo, i ragazzi hanno posto le loro domande:

Di cosa ti occupi? Nella reazione alla violenza quanto pesa la vendetta? La Giordania ora è in guerra? Siete meno sicuri ora? Cosa rende difficile neutralizzare il fulcro principale dell’Isis ? Ci sono pericoli per l’Italia? Cosa possiamo fare?

Oltre a spiegarci ogni cosa, per come la vive nella sua esperienza, Suweis ci ha fatto capire molto di più. E’ questo ciò che riportiamo in modo estremamente sintetico come contributo originale a tutto il can can mediatico che oggi ci porta a vedere le cose senza la loro vera complessità.

La Giordania.

È un piccolo stato nato dopo la I Guerra Mondiale, con la rivoluzione araba contro i turchi, ma la sua storia è grande: fa parte della Terra Santa, ha in sé molte città nate sotto l’Impero Romano. E ora su una popolazione di circa 6 milioni di persone ci sono già più di 1 milione di profughi.

La vendetta.

La vendetta fa parte del cultura dei beduini, bisogna ricordare che c’è anche questa componente culturale, non ci sono solo cristianesimo e islam. Inoltre qui non è diffusa la cultura del perdono. La risposta al terrificante video dell’esecuzione del pilota giordano è stata popolare e non solo della famiglia, è stato un colpo al popolo giordano che si è sentito tutto coinvolto, questo ha fatto perdere la “simpatia” per l’Isis, che iniziava a diffondersi tra alcuni giordani. Infatti questa esecuzione non è stata accettata nè dalle persone comuni né dai religiosi. Si è creato uno sdegno contro la propria stessa religione se ideologizzata e radicalizzata. Ma la risposta rimane una vendetta violenta. Nel tempo forse potrà cambiare, ma oggi, sull’onda dell’orrore, è così.

Il rischio.

La Giordania corre il rischio che corre tutto il mondo, perché il terrorismo non conosce confini. Qui  non ci sono ambasciate che hanno chiuso o aumentato l’allerta. Piuttosto il rischio è aumentato per tutti perché quella più volte proclamata, è una dichiarazione di guerra totale.

L’Isis.

E’ necessario guardare bene cosa sia questo fenomeno. Quando è nato? È nato molto tempo fa, durante la guerra contro Saddam Hussei in Iraq nel 2003, e si è alimentato con l’odio contro gli occidentali venuti a distruggere un intero paese. Inoltre oggi il fenomeno nuovo sono il numero elevatissimo di persone europee che si uniscono a questo sedicente Stato Islamico. Perché? Che promessa vedono per loro? chi sono? Da una parte si raccoglie con promesse e potere chi non ha più speranze, dall’altra si prende con l’ideologia chi è scontento della proposta di vita occidentale. Questi si buttano nella lotta e trovano speranze e motivi per vivere. Per quanto strani e non condivisibili.  Come fare per debellare una cosa così? Ci vuole molto tempo. Pensate a come sono state debellate le Brigate Rosse in Italia. Ci vuole pazienza. Ci vuole l’incontro con l’altro e l’educazione. Ci vuole una mossa interna al mondo islamico, solo se il mondo islamico pian piano capisce che questo è sbagliato allora può essere neutralizzato.

L’Italia.

Il rischio non è solo per l’Italia ma per tutto il mondo. La cosa fondamentale è non pensare che si sia già sconfitti, è necessario avere speranza in un cambiamento, che ci può sempre essere. Il fanatismo nasce da persone in difficoltà, e pensano che sia giusto fare così, non sanno che è male.

Quindi il fanatismo nasce dall’ignoranza ed è questa che va sconfitta.

E noi? Cosa possiamo fare?

Imparate a guardare l’uomo come è. Il cuore dell’ uomo è sempre uguale, in ogni luogo o etnia, quindi si può sempre dialogare da uomo a uomo, non necessariamente partendo dalla religione, ma dal cuore. Non bisogna guardarsi attraverso una ideologia o un pregiudizio.

Imparate a conoscere perché la conoscenza è coscienza e non abbiate paura di sbagliare perché si può sempre ricominciare.

In quest’ora ci si è fatto evidente che proprio la scuola e l’educazione sono un contributo fondamentale a questo dialogo. E che possiamo fin da subito combattere davvero l’ideologia e il terrorismo di qualunque natura.

Cosa facciamo infatti a lezione? Impariamo a dialogare con il cuore dell’uomo.

A partire da noi: un prof, un compagno, uno studente.

A partire dal dialogo profondo con chi ci ha preceduto: autori, personaggi della storia, filosofi e scienziati.