Maturità: Una lode, un cento e molto altro ..

L’articolo della Coordinatrice didattica professoressa Daniela Rossi:

Pirandello e il “buco nel cielo di carta”, una ricerca sull’amigdala, la parte del cervello che controlla le emozioni, sulle foto e la storia di Robert Capa, su quello che è accaduto in Tunisia durante le primavere arabe. Un approfondimento sull’essenziale in Arte e nella Matematica,  sull’architettura del genius loci di Renzo Piano, sulla teoria dei colori, Eugenio Corti e la sua opera, le memorie di guerra vissute da testimoni a noi vicini, quando lo sport può essere una guerra senza spari.

Sono solo alcuni tra gli argomenti che i nostri studenti della classe quinta hanno scelto per iniziare gli orali degli esami. Gli insegnanti della commissione hanno trovato i nessi per approfondirli durante il colloquio. Mi hanno colpito molto le risposte dei ragazzi; ma di più il fatto che tutti hanno presentato la loro “tesina” mostrando cosa avevano da dire su quell’argomento, cosa c’entrava con la loro storia e il loro percorso. Perché lo hanno scelto, cosa li ha colpiti, quali ipotesi hanno approfondito e quali tesi sviluppato.

Ho visto in atto un certo gusto per la conoscenza, che non è solo il possesso di nozioni; ho visto una creatività intelligente, un metodo curato, la posizione di chi ha imparato ad usare la ragione e il cuore.

Gli esiti degli esami sono stati davvero una grande soddisfazione: tutti gli studenti hanno brillantemente superato le prove, con una media che raggiunge l’85/100 e nessun voto sotto il 73. I punteggi più alti sono il 100 e lode di Caterina Boscolo e il 100 di Federico Pasqualotto; ma il risultato di ogni studente è stato una degna conquista ed è, quindi, meritevole.

Quanto Caterina dice, al termine dei cinque anni di liceo, sintetizza ciò che questi ragazzi, ognuno con le sue caratteristiche e potenzialità, ha imparato:

“Una visione a tutto tondo. Sicuramente la grande creatività della mia classe è stata fondamentale in questo, ma anche il modo in cui ci sono sempre state proposte le cose: non ci è mai stato detto “è così, funziona, adeguati e usalo”. Ci sono sempre stati dati gli strumenti per poter capire noi stessi se una cosa è vera o no, se siamo d’accordo o no. Perché se rifaccio io l’esperienza che ha portato quel filosofo o quel fisico ad arrivare a quelle conclusioni, allora quell’esperienza diventa mia. La conoscenza di un metodo critico”.

Aver visto in questi anni crescere questi studenti nei rapporti fra loro, con noi insegnanti che li abbiamo accompagnati e con la realtà tutta che ci circonda, porta con sé un’indicibile pienezza. E ancora una volta la conferma che il nostro è un lavoro estremamente delicato (dobbiamo in-segnare e valutare…), ma davvero bello, al di là di ogni risultato.

Con stima e fiducia, cari ragazzi, vi auguriamo di continuare la vostra strada aperti a nuove esperienze e conoscenze, certi di quello che siete e che avete costruito fino ad oggi.

Daniela Rossi

 

Lettera di Caterina Boscolo agli insegnanti del Liceo Bruni

Carissimi Professori,

quando una giornalista mi ha intervistato per il mio 100 e lode iniziando il dialogo con un “e così tu sei la migliore” io le ho detto molto chiaramente che no, non mi sento in alcun modo migliore degli altri. Sono fermamente convinta che non sia un voto a stabilire il valore di una persona. Indubbiamente un voto dice molte cose, ma ci sono alcuni miei amici usciti con un 77, un 80, un 83… tutti guadagnati e degni di lode tanto quanto me. Ma che cosa è stata la scuola per me in questi 5 anni e anche nei precedenti otto?

Innanzitutto, il confronto personale. Mi è sempre stato chiesto di confrontarmi con quello che ho studiato. Scoprire che cosa quella pagina del libro ha da dirmi. Ho in mente soprattutto dei dialoghi di quest’anno durante le lezioni di italiano in cui il prof faceva leggere a uno di noi la poesia, e poi dialogavamo. Sempre a partire dal testo, ognuno ci metteva del suo, a partire ciascuno dalla propria sensibilità. C’era quello che rimaneva colpito dalle rime e dai suoni, quello che notava le analogie con altre poesie e altri autori, quello che andava concretamente a cercare come sono fatti “il mandorlo e il melo” di cui parla Pascoli nell’Assuiolo per capire attraverso l’esperienza concreta quello che io avrei cercato, per esempio, attraverso la musicalità dei versi. E poi c’era quello che, non sapendo che pesci pigliare, si aggrappava a qualcosa detto l’ora prima in un’altra materia e così involontariamente venivano fuori i più incredibili collegamenti.

Una visione a tutto tondo. Sicuramente la grande creatività della mia classe è stata fondamentale in questo, ma anche il modo in cui ci sono sempre state proposte le cose: non ci è mai stato detto “è così, funziona, adeguati e usalo”. Ci sono sempre stati dati gli strumenti per poter capire noi stessi se una cosa è vera o no, se siamo d’accordo o no. Perché se rifaccio io l’esperienza che ha portato quel filosofo o quel fisico ad arrivare a quelle conclusioni, allora quell’esperienza diventa mia (mi pare che anche Romano Bruni dicesse “se faccio imparo”). È stato questo che mi ha permesso di appassionarmi allo studio e a capire quale sarà la mia strada l’anno prossimo. La conoscenza di un metodo critico.

Quindi, fondamentale è stata l’esperienza. E in questo il top sono state le gite di istruzione. In tutti e cinque gli anni, abbiamo visitato posti spettacolari e le cose che ho visto sono diventate mie per sempre. L’esempio forse più clamoroso è come dalla gita in trincea tutta la classe è rimasta talmente entusiasmata che abbiamo voluto andare ancora più a fondo, con la mostra per l’open-day. È stata una delle poche volte in cui ci siamo trovati tutti d’accordo. Perché gli anni prima eravamo sempre i soliti pochi a cominciare, e poi trascinavamo dietro tutti gli altri, ma alla fine unendo le risorse di tutti, abbiamo sempre prodotto dei lavori spettacolari. Perché come dice la professoressa di Storia dell’arte la nostra è una classe di menti estremamente creative ma potenzialmente distruttive, nel senso che nel giro di poche ore riuscivamo a far fuori tutte le idee appena pensate. Ma io credo che la mostra di quest’anno sia stata la conquista del metodo e dell’esperienza.

Soprattutto, tanta creatività non avrebbe portato a molto se non fosse stata guidata. Dei professori che si fermino ad ascoltare le nostre proposte, con sincero interesse (questo lo sottolineo), e poi si fermino letteralmente a lavorare con noi il pomeriggio a montare assi di legno per costruire piani inclinati, imbiancare le aule della nuova bellissima biblioteca, progettare l’allestimento della classe, impaginare pannelli, cronometrare paracaduti di nylon, insegnarci a recitare, ascoltare le prove di esposizione, correggere le tesine, sono stati la cosa più bella. Il personale rapporto di reciproca stima e fiducia, non ha prezzo. Io forse me ne sono accorta più di altri, per il semplice motivo che sono stata più coinvolta di altri nelle mille proposte. Ma non si può non accorgersene. Ho in mente un dialogo, la sera alla fine dell’open day, con una ragazza di quarta, in cui ci siamo proprio dette: “Che splendidi lavori. Che splendidi professori. Che splendida scuola”.

Per me, personalmente, i rapporti personali sono stati l’esperienza più bella di questi anni e la cosa che mi porto più cara nel cuore. Tanto con i prof che con i compagni, anche delle altre classi. La mia classe è una classe splendida, nelle mille contraddizioni, perché siamo tutti personaggi particolari e diversi (come credo sia in tutte le classi), per cui prima di deciderci è una guerra, ma poi quando riusciamo a trovare una certa armonia, quando ognuno trova il suo ruolo (quelli che montano il video, quelli che scelgono i testi, quelli che cercano le foto, quelli che progettano l’allestimento dell’aula, quelli che scrivono la presentazione), allora è una continua conquista. E quest’anno lo è stato, assolutamente. Io che ho visto tutti i retroscena, posso dire che tra le mille difficoltà e i mille attriti, ognuno di noi è stato indispensabile e insostituibile per l’altro. Di questo credo di essermene accorta più degli altri. E il rapporto con i compagni è diventato fondamentale per lo studio soprattutto quest’anno. Trovarsi a studiare, a fare matematica, a ripetere prima della simulazione di terza prova. Spesso mi chiedevano un aiuto a fare sintesi, o diversi pomeriggi mi trovavo ad aiutare le mie amiche con fisica, e la volta dopo una di loro ci aiutava a ripetere storia, perché poi ognuno mette in campo le proprie doti.

Per me questi anni sono stati questo continuo rapporto stimolante ad andare a fondo in quello che facevo, cosa che non ha eliminato la fatica dello studio, ma ci ha dato un senso.

In questi giorni sono stata a vedere orali di maturità di miei amici in altre scuole, e ho notato proprio una difficoltà di rapporto con i professori, a volte una vera e propria indifferenza. E non potevo non pensare ai miei professori che in fondo sembra che si divertano, che per loro sia proprio un gusto confrontarsi con noi, lavorare insieme, spesso scontrandoci, correggendoci a vicenda, anche arrabbiandoci.

Per questo, quello che mi resta dopo questo esame è una profonda gratitudine. Verso questa storia e queste persone.

Giovedì dopo l’aperitivo, mentre eravamo in macchina io e le mie amiche ripercorrevamo un po’ gli ultimi episodi, ognuna dal suo punto di vista, ognuna con la sua storia personale, le sue difficoltà, e la conclusione unanime è stata “Caspita, ci vogliono veramente bene”.

Credo che il modo più bello per esprimere questa gratitudine sia andare nel mondo facendo tesoro di tutto quello che ho visto e quello che ho imparato. Ed è quello che intendo fare.

Grazie,

Caterina