Il Liceo visita l’Expo. Un docente ci spiega perchè

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Con la scuola all’Expo? Per compiere un’avventura.

Come gita di accoglienza sia della scuola media sia del Liceo abbiamo deciso di andare all’Esposizione universale di Milano.

Ma perché? Che senso ha proporre questa uscita dal punto di vista educativo e culturale?

Non è solo un grande circo mediatico, non è solo “che tutti ci vanno”, non è solo un “must”. Sicuramente è anche un “must” perché di fatto non si può non andare a vedere un evento così qui in Italia.

Ma che c’entra con il lavoro della scuola? All’inizio si ha l’impressione di essere arrivati ad un luna park, dove c’è di tutto e si vende di tutto. E sopratutto dove non è evidente il senso, lo scopo. Ed emergono evidenti contraddizioni, le stesse che il tema di Expo vorrebbe mostrare e contrastare. Per esempio perché per parlare di sostenibilità, di ecologia, di terra e di cibo si è fatta una cosa così poco sostenibile (vedi il futuro dell’area) e così poco ecologica (come saranno stati costruiti tutti i led e i proiettori con cui i paesi mostrano qualcosa di sé)? Qualche cercatore di scandali potrebbe fare domande ben peggiori. Ma non è questo il punto. Una volta denunciato e registrato, il problema è posto non risolto: è qui che inizia l’avventura.

E’ qui che inizia la scuola.

L’Expo di Milano è il mondo e lo si vede, lo si percepisce dentro ai padiglioni e fuori nei bar e nei negozi. Il mondo è così, pieno di cose strane, contraddittorie, con qualcuno che vuole dire la sua e qualcun altro che vuole far prevalere la sua contro quella di tutti. Il mondo è globale e reso sempre più omogeneo ma al contempo bisognoso della sua diversità perché solo essa fa vedere quali siano le radici di ogni cultura e popolo.

E, in mezzo a questa fiera, c’è un gruppetto di gente con alcuni più grandi che guidano e che prova a capirci qualche cosa, a fare ordine, a cercare di portare a casa non solo il cappello omaggio dei coltivatori di riso dell’estremo Oriente. C’è la scuola che ti fa vedere e ti chiede e cerca di far rendere conto. Perché l’Iran si presenta così? Cosa vuole dire il Brasile con quella rete dove devi salire per accedere al padiglione? Cosa mostra la Cina al mondo? Perché il Turkmenistan mostra un cavallo e delle taniche di olio da motore? I paesi che sono presenti a Milano hanno o no risposto al tema “Nutrire il pianeta, energia per la vita”?

Perché non basta dire “io c’ero” e non basta lasciare passeggiare i ragazzi per il cardo e decumano (Roma docet) dell’esposizione universale.

Ora non voglio risolvere il problema e scrivere oltre, ci saranno giorni e dialoghi, ora che siamo tornati, per spiegare e rendersi conto dell’esperienza fatta a Milano.

Ma questo è quello che mi porto a casa, come un compito e una strada: il mondo, la realtà sono come un caleidoscopio dai mille colori e sfumature, ma dentro il mondo è possibile imboccare l’avventura della scoperta di un significato.

L’alternativa è che anche insegnare, anche la scuola sia in fondo un’esposizione di mercanzia (più o meno varia e più o meno tecnologica) che lascia però dispersi, lascia che ci si prenda qualche gadget, ma non propone una strada e così permette che non sia cercato o ritenuto possibile alcun significato  della realtà.

A me, professore e genitore, interessa invece compiere un’avventura.

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