Sabato 13 febbraio 2016 abbiamo avuto come ospite per una lezione al Liceo Scientifico “R. Bruni” Kamel Layachi, Imam nelle comunità islamiche del Veneto e Responsabile del Dipartimento di Formazione e Dialogo Interreligioso del CRII (Consiglio delle Relazioni Islamiche Italiane).
L’invito era stato fatto in seguito alla domanda sorta dopo gli attentati del 13 novembre a Parigi e condivisa tra docenti e studenti: nell’attuale problema del terrorismo internazionale, la religione è solo una parte del problema o può essere una parte della soluzione? Tale incontro si è poi realizzato grazie alla collaborazione del dott. Walter Giantin, che ci ha messo in contatto con il nostro ospite.
La prima cosa da leggere in questo articolo è che questa mattina è accaduto un incontro, un gesto molto semplice, ma chiaro, che non ci deve sfuggire: una scuola di ispirazione cattolica ospita un autorevole rappresentante della comunità islamica veneta e italiana.
PRIMA DI OGNI PAROLA
Prima di ogni parola e di ogni commento vale la pena sottolineare questo: ciò che conta e ciò che può cambiare mentalità, idee, preconcetti e quindi l’uomo (e con l’uomo, la società e la storia) è la possibilità di un incontro. Proprio l’incontro e il dialogo sono stati i passaggi fondamentali della lezione, che si è presto tradotta in un dialogo serrato con gli studenti: “Guardate: un gelato mangiato assieme – ci ha detto Layachi – vale di più di mille conferenze. Il dialogo tra religioni nel quotidiano è un dialogo tra persone, non va solo teorizzato. Le esperienze più belle che abbiamo vissuto in questi anni con alcuni cristiani sono state la pizza mangiata assieme, la condivisione di problemi e tanti piccoli gesti di dialogo. La grande possibilità di dialogo tra religioni ci è data nel vivere assieme la quotidianità. Solo con un incontro possiamo sconfiggere il terrore”.
A confermare questo, abbiamo ascoltato altri esempi, tratti dai dialoghi con molte persone musulmane e cristiane che Layachi incontra quotidianamente, fino a questa considerazione: “Gli attentati di Parigi hanno voluto diffondere la paura nei luoghi di incontro tra persone (bar, teatri, stadio) e un risultato è stato creare un fossato tra i musulmani e il resto dei cittadini. Quanti musulmani hanno immediatamente sentito crescere il pregiudizio e la diffidenza che questi atti hanno provocato nelle società dove sono nati e cresciuti. Si sono sentiti colpevoli di cose che non hanno commesso”. Ma poi l’aggiunta, che sa di speranza: “Però è successo anche il contrario: tante persone ci hanno chiamato e hanno bussato alle porte dei luoghi di preghiera musulmani perché desiderano conoscere meglio cos’è davvero l’Islam”.
Come noi, oggi.
CONOSCERE L’ISLAM
L’occasione dunque è stata presa al volo. E molti ragazzi sono intervenuti a porre domande, di tutti i tipi. Aprendo così, con la curiosità e con la voglia di sapere, la seconda capitale questione: conoscere!
Quanto vi può pesare non avere una guida unica, come è per i cristiani il Papa? Come considera l’Islam i valori della vita e della famiglia? Come sono trattate le donne islamiche nel mondo di oggi? E poi. La Madonna e Gesù sono importanti nell’Islam? Perché è permessa la poligamia? Sunniti e sciiti si possono riappacificare o no? E ancora. Cosa pensa delle statue coperte in Campidoglio per la visita in Italia del Presidente Iraniano? Come è giudicata l’omosessualità e le persone omosessuali? E infine. Come i giovani musulmani reagiscono agli atti terroristici? Qual è il messaggio fondamentale dell’Islam?
Ora è impossibile ripetere tutte le risposte date dall’Imam Layachi che riporteremo e studieremo a tempo debito, ma vale la pena riportarne almeno due:
La prima: “Tutti noi dobbiamo distinguere tra queste persone che alzano la bandiera della violenza e i fedeli all’Islam (che in Italia sono un milione e mezzo). Sono una esiga minoranza coloro che compiono atti criminali e di fatto anti islamici. La stragrande maggioranza sono contrari alla violenza, gente per bene che non ha avuto problemi di integrazione in Italia. Quelli che trovate nelle scuole, nelle aziende e nella vita sociale. Questi sono i musulmani e non quelli che hanno lanciato la guerra contro l’umanità. Vinceremo la sfida contro il terrorismo nella condivisione di valori essenziali e universali, che possono anche essere religiosi, ma che poggiano su un terreno comune. Bisogna cercare assieme di riscoprire questi valori e ogni mattina alzarsi per cercare di attuarli”.
La seconda: “Il messaggio fondamentale dell’Islam è quello della pace. L’essenza della religione islamica è descritta dalle due radici da cui si fa derivare la parola “Islam”: aslama* che vuol dire “abbandonarsi a Dio” e salàm* che vuol dire “pace”. Il musulmano autentico sa che il Corano è composto da 114 (sure) capitoli. E sa che per 114 volte l’inizio della sura dice “Nel nome di Dio il Clemente e il Misericordioso”. Questo è un messaggio fondamentale. Essere musulmani autentici significa condividere alcuni valori e i diritti fondamentali dell’uomo. A cominciare dalla sacralità della vita: l’essere umano ha una sacralità e una dignità conferitagli da Dio, ogni uomo e ogni persona ha questa dignità fin da quando viene concepito”.
Di fronte alle risposte, come questa, che ci sono state date ci si sente spiazzati, quasi increduli. Sorge la domanda: dunque la verità è questa? Emerge prepotente la necessità di abbandonare i nostri pregiudizi, e di conoscere. Si tratta quindi davvero di iniziare a capire ciò che vediamo e ciò che si crede di conoscere.
Ma non basta: allo stesso tempo si scopre che c’è un altro punto fondamentale da approfondire. Ma questa volta dentro di sé, in noi. Se traducessimo infatti le cose che abbiamo chiesto a Layachi in domande rivolte a noi, sul Cristianesimo, sapremmo rispondere? E cosa risponderemmo?
IN CAMMINO
“Da dove dobbiamo partire?” – ci ricordava l’Imam – “Per poter conoscere l’identità degli altri devo conoscere la mia religione, la mia identità religiosa. E la conoscenza deve essere coerente, devi essere di nome e di fatto appartenente alla tua religione e alla tua fede. Altrimenti non puoi incontrare e conoscere l’altro”. Ecco uno squarcio che si apre subito sulla propria vita.
La provocazione è chiara: un approccio superficiale alla propria vita e alla propria religione non permette l’incontro con l’altro. E questo vale nei due sensi: è molto difficile che un Islam ideologico o ridotto incontri un Cristianesimo ideologico o annacquato. E’ molto difficile che una persona superficialmente musulmana incontri una persona apparentemente cristiana.
Su questo ci sembra si giochi una partita davvero fondamentale e importante per il futuro nostro e della nostra società. Stamattina l’abbiamo sentita come una preoccupazione e un compito per chi come Layachi collabora alla formazione dei giovani musulmani: “Molti giovani hanno raggiunto l’organizzazione criminale che opera in Siria e Iraq (Isis, parola che Kamel Layachi non vuole nemmeno pronunciare n.d.r) imbracciando le armi. Ma si sono spesso basati sulla propaganda che viene fatta con enormi mezzi finanziari su TV, internet, social network, riviste, blog, giornali. La loro formazione religiosa era molto bassa, e non avevano la possibilità di confrontarsi con i professionisti della morte che ti dicono che stanno lottando per difendere terra e famiglia appoggiando il loro discorso con versi del Corano totalmente decontestualizzati. Molti giovani, infatti, non frequentano i nostri luoghi di formazione e di incontro tra persone, vivono da soli e si sentono autosufficienti. Non vivono l’Islam come i loro padri o nonni”. Poi ha aggiunto: “Hanno un bisogno primario di appartenenza, ma lo vanno a cercare su internet e là si trova di tutto, gente per bene, ma anche i maestri dell’odio e della violenza. Oggi io dico che in Italia non servono meno moschee, ma più moschee (oggi sono solo sei) perché esse sono visibili, conosciute, si pongono nella società in modo chiaro e soprattutto danno una formazione religiosa corretta ai giovani musulmani”.
Questa sottolineatura sull’importanza di un’educazione coerente e chiara l’abbiamo sentita improvvisamente consonante ed è risuonata familiare anche a noi che facciamo una scuola paritaria di ispirazione cattolica. Senza un’educazione coerente e chiara si lascia il campo libero alle ideologie pseudo religiose o alla mentalità comune, che alla fine portano al relativismo o alla violenza.
Ci sembra opportuno concludere proprio su questa osservazione: è la chiarezza di un’ipotesi educativa, sottoposta alla verifica della propria ragione e libertà, che permette l’incontro con l’altro.
Questo, oggi, è successo!