Bastava che premessi il grilletto: egli sarebbe stramazzato al suolo. Questa certezza che la sua vita dipendesse dalla mia volontà, mi rese esitante. Avevo di fronte un uomo. Un uomo!
Non fu dunque per tema, / s’io non t’uccisi: fu per non morire! / Per non morire in te: m’eri gemello (…)
Queste due frasi, una di Lussu (Un anno sull’altopiano) e l’altra di Martini (Perché non t’uccisi) ci hanno accompagnato nelle trincee del caposaldo austriaco del Nagià Grom, sulle montagne intorno a Rovereto.
La visita della classe V al Museo della guerra di Rovereto e alle trincee sopra Mori ha portato quest’anno ad una profonda riflessione tutti i ragazzi che vi hanno partecipato. Perché negli occhi e nei telefoni avevano le immagini e le notizie di Gaza, dell’Ucraina, del Nagorno Karabakh.
Le testimonianze degli sfollati del 1915 sono le stesse di quelle degli sfollati di oggi. Lo stesso dolore, la stessa distruzione del proprio paese, e del proprio cuore.
La follia di chi bramava ed esaltava la guerra è la stessa di chi oggi la esige come solo e unico mezzo per redimere questioni territoriali o economiche.
Così anche l’umanità e il senso di fratellanza senza confini che emerge qua e là negli scritti di molti soldati della Grande guerra, come Lussu e Martini, ci sembra la stessa che sentiamo e che cerchiamo noi ora guardando le vittime delle guerre grandi di oggi.
Questo senso di essere uguali all’altro, fosse anche dichiarato nemico, ci ha guidato nell’affrontare le fonti che raccontano la guerra del 15-18 scoprendo le tracce di questa umanità che emerge in alcune testimonianze anche nel pieno di un conflitto. Come il Natale del 1914 tra gli eserciti del fronte occidentale.
Visitando le sale del Museo della Guerra, abbiamo rintracciato molte analogie e somiglianze tra quelli e questi conflitti, dal punto di vista dell’economia degli stati, della propaganda, del progresso tecnologico, delle necessità mediche, logistiche e così via.
Quindi un numero sconsiderato di morti, feriti, prigionieri. E infine lo stesso risultato ultimo: una “inutile strage” come la definì Papa Benedetto XV nel 1917.
Un altro papa, Pio XII, aveva poi affermato: “Nulla è perduto con la pace, tutto può esserlo con la guerra”.
Aver dunque rivissuto in questo modo quella terribile pagina della storia ci sta facendo rivivere oggi, in modo più attento e con uno sguardo diverso, le pagine del nostro affaticato mondo contemporaneo.
Questo il senso e il valore di un’uscita davvero didattica.







