L’incontro con Tommaso Ghidini ci ha aperto orizzonti ampi e profondi. Non soltanto per la descrizione precisa e appassionata della sua carriera e del suo lavoro all’ESA, ma anche e soprattutto per gli squarci di umanità e di bellezza che ci ha offerto.
A dialogare con lui a tutto campo c’erano le cinque ragazze del laboratorio di lettura (Martina, Beatrice, Sara, Eleonora e Letizia) e la prof.ssa Zanandrea. Hanno posto domande incalzanti, argomentate con passi del libro Homo Caelestis, e hanno permesso a tutti di ascoltare straordinarie risposte. Ne riportiamo qui solo alcune tra quelle che hanno cambiato il volto di chi c’era sabato 28 maggio al cinema MPX.
1. Cosa ci permette di avere una discreta certezza, affrontando il dubbio?
L’umiltà! Il punto non è solo il metodo che si usa, ha affermato Ghidini, ma il modo con cui l’uomo lo usa. Anche il metodo scientifico, anche le scoperte più incredibili, che fanno avanzare la nostra conoscenza, non devono inorgoglire ma essere utilizzate con umiltà perché di fronte alla verità si deve sempre andare in punta dei piedi.
2. Esiste un limite morale o etico all’innovazione scientifica/tecnologica?
Prima di ogni altra considerazione il punto è capire e fare esperienza di cosa sia umano. Raccontando le ultime innovazioni in campo di intelligenza artificiale, necessarie al viaggio su Marte e citando un episodio del computer Simon che aiuta il benessere degli astronauti nella Stazione Spaziale Internazionale, ha detto che diventa fondamentale capire cosa è l’uomo. Dovremo, per esempio, fare attenzione a non essere comandati dall’intelligenza artificiale, ma questo come è possibile? La questione, prima di diventare etica e morale, ovvero prima di guardare alle conseguenze, deve guardare alle cause, alle conoscenze. Se noi mostriamo ai nostri ragazzi la pienezza e la grandezza dell’umanità, cioè se li esponiamo alla bellezza, alla storia, all’arte, al lavoro di migliaia e migliaia di anni di civiltà umana. Questo darà il criterio per trovare ciò che è umano e ciò che non lo è.
3. Come guardare l’errore e il fallimento, per non rimanere depressi o frustrati?
L’errore va ha ammesso apertamente, prontamente e liberamente. Questa è l’unica possibilità per mostrare che tu sei più grande dell’errore, e che puoi fare un passo in avanti. Viceversa, se nascondi l’errore, significa che l’errore ti determina e pian piano determina tutto di te. Ha raccontato l’episodio del famoso fallimento dell’Apollo 13 e di come l’ingegnere responsabile avesse ammesso senza esitazioni il suo errore. Lo stesso Ghidini esige che nelle ricerche da lui commissionate ci sia il 60% di fallimenti perché se avesse il 100% di successi significherebbe che sono cose che già si conoscono: il fallimento garantisce che si sta provando qualcosa di nuovo.
Oltre a questi argomenti il fil rouge che ha condotto al mattinata è stato l’invito continuo a non rinunciare ai propri sogni. Tantissimi gli esempi in campo ingegneristico e spaziale: il problema non è solo avere intelligenza o un’intuizione geniale, il punto è la perseveranza, la continua volontà, il fatto che uno ritorna sul proprio sogno trovando la strada per poterlo realizzare. E se questo porta al successo uno sa di non essere arrogante perché il suo successo è frutto dell’umiltà e del lavoro.
Ecco: l’homo caelestis non è solo l’uomo che porterà se stesso nello spazio, ma l’uomo che porta in sé un pezzo di cielo.



